martedì 26 dicembre 2017


LA MEMORIA E IL SACRO DI ANTONIO CASU A PIÙ LIBRI PIÙ LIBERI

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Giovedì 7 dicembre scorso, presso la sala Venere della “Nuvola”, nell’ambito della manifestazione “Più libri Più liberi”, la Nemapress edizioni ha presentato La memoria e il sacro. Appunti di viaggio nella letteratura del primo Novecento, di Antonio Casu, consigliere capo servizio e bibliotecario della Camera dei deputati, autore di innumerevoli pubblicazioni e uno dei maggiori studiosi di Thomas More. Sono intervenuti l’onorevole Gerardo Bianco, il professor Rocco Pezzimenti, e il professor Angelo G. Sabatini, coordinati dalla nostra Neria De Giovanni.

Non basterebbero 500 pagine per affrontare i temi così ben condensati e trattati nelle ottantasei pagine del libro di Antonio Casu, a riprova che per esprimere concetti complessi la quantità non è sufficiente. Occorrono invece capacità di concentrazione e analisi, conoscenza profonda della materia e sguardo ampio.
Questo studio prende in esame la letteratura apparsa negli anni della Grande guerra, della quale ci si appresta a celebrare i cent’anni dalla fine. Un momento di fondamentale transizione, di cambiamenti profondi. Un periodo nel quale appaiono ‒ tutti concentrati in pochi anni, tra il 1913 e il 1919 ‒ alcuni dei grandi capolavori della letteratura mondiale, dall’Antologia di Spoon River di Masters, a Alla ricerca del tempo perduto di Proust, dalla Contemplazione di Kafka, ai Racconti dublinesi di Joyce e infine il nostro Svevo, con La coscienza di Zeno. E sono questi gli scrittori analizzati dall’autore, non attraverso l’esegesi critica, quanto seguendo il metodo di una vera e propria ricerca del senso dell’esistenza, del filo rosso che unisce il tempo alle opere e questi autori che hanno avuto sì vite diverse e lontane, ma hanno respirato la stessa atmosfera.
Memoria e sacro sono due dei grandi totem dell’umano e certamente durante gli anni del primo Novecento pongono interrogativi pressanti e inderogabili. La memoria pone l’uomo di fronte al suo grande nemico, a ciò che lo rende finito, che gli toglie giovinezza e salute: il Tempo. Con la memoria si devono fare i conti per definire la propria identità e la propria esistenza. Ed ecco la galleria degli autori che scorrono insieme a molti altri nomi con un apparato di note denso ma mai invasivo, dando forma a un libro colto e raffinato, talvolta anche impegnativo, dal linguaggio serrato, che pone domande incalzanti e concetti su cui dover meditare per ritrovarci riflessi e scoprire quelle sofferenze che aggiriamo, l’angoscia che esorcizziamo, la solitudine che non ascoltiamo.
La prima parte del libro è divisa per paragrafi ma è strettamente collegata da un discorso unitario, dove chiari appaiono le similitudini tra Kafka e Master, tra Proust, Joyce e Svevo. Il pensiero confluisce nel paragrafo che chiude la prima parte, dove alla memoria fa da contraltare il mito. “Ogni epoca ‒ scrive l’autore ‒ ha i suoi miti, e a questa regola non sfugge la nostra. Ma i miti non sono solo fondativi della società, bensì anche fondati dalle stesse”. Il mito è la proiezione più fedele dei tempi che si vivono e ne mettono a nudo i punti deboli come il tipo di angosce e frustrazioni.
La seconda parte si incentra sul sacro, anzi più esattamente fa luce sul processo di rimozione del sacro che caratterizza i nostri tempi e che contraddistingue l’autentico dramma dell’uomo moderno. L’uomo contemporaneo spiegato esclusivamente in chiave economica e sociale ha restituito una visione del tutto fallimentare. Sfuggire ad alcune domande non è possibile. La proclamazione della “morte di Dio” non implica un’automatica rimozione del sacro che invece riaffiora in modo anche più prepotente attraverso altre vie. La sostituzione coatta del sacro con la ragione ha generato angoscia e disperazione. La ricerca di senso è inderogabile ed è stata nel tempo sostituita da altre possibilità ‒ psicanalisi, memoria, scienza ‒ senza tuttavia “tranquillizzare” l’uomo che urla nel quadro di Munch e dissolve la sua essenza umana diventando figura amorfa piena di terrore.
Le figure prese in esame dall’autore, Sartre, con il racconto Bariona o il figlio del tuono, e Döblin con l’Immacolata concezione, offrono una chiave di accesso sostanziale. I due autori, l’uno ateo e l’altro non ancora convertito, parlano della Natività e ciò che colpisce è la centralità della figura di Maria che attraverso il suo essere madre ci dona quella tenerezza di cui abbiamo bisogno per trovare pace.
Kafka, Nietzsche, Wagner ci parlano di uomini che dimenticano Dio, ma che non vogliono rimuovere né dimenticare. “La lotta per l’eradicazione del sacro dalla storia, dalla nostra esistenza, si rivela sterile”, scrive Antonio Casu. E’ come navigare in mare aperto dove molte sono le rotte da scegliere. “Il recupero della Memoria, la riscoperta del Tempo sono la manifestazione della ricerca, la ripresa di sentieri interrotti, di ciò che appartiene alla incomprimibile complessità della natura umana, di una ri-aggregazione delle sue metà dissociate. La dimensione della memoria del romanzo moderno è anche questo”.