venerdì 2 dicembre 2011

Un viaggio in Terra Santa descritto da Francesco Petrarca


Da: Il mondo della Bibbia,  Editrice Elledici, N. 75 Novembre-Dicembre 2004, pag. 57

Tra le opere latine di Francesco Petrarca, meno noto è “L’Itinerarium breve de Ianua usque ad Ierusalem et Terram Sanctam”, una lettera che descrive il percorso da Genova alla Terra Santa, spedita dal poeta a Giovanni di Guido Mandelli, suo amico a Milano, quando fu presso la corte di Giovanni Visconti, arcivescovo e signore della città.
Nel 1358, Giovanni decide di compiere un viaggio in Terra Santa e invita Petrarca ad accompagnarlo. Petrarca aveva viaggiato moltissimo attraverso l’Europa, affrontando disavventure e imprevisti di vario genere. In particolare, da ragazzino, subì lo shock del naufragio, durante il suo trasferimento dalla Toscana alla Provenza, mentre più tardi, nel 1343, vide una tremenda tempesta marina a Napoli. Spettacolo che lo fece giurare a se stesso di non mettere mai più piede su una nave.
L’antica paura del mare si risveglia. Declina l’invito, ma invia all’amico questa lettera, una vera e propria guida per il viaggio, che avrebbe dovuto supplire alla sua assenza.
Nel prologo all’Itinerarium, il poeta confessa la sua idiosincrasia in modo affettuoso e allo stesso tempo ironico: “La vergogna mi vieta di parlare, ma l’imperiosa verità mi ordina di dire e costringe che io mi perdoni”. Petrarca non sa se sia meglio morire in terra o in mare, ma è anche vero che alla morte non si sfugge e che si debba aspettarla sapendo che può sorprendere in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento, che questo è l’atteggiamento più virtuoso e virile per un uomo. Ma se qualcuno dovesse chiedergli di cosa lui abbia paura se non teme la morte, risponde: “Per certo io temo la morte stentata e la nausea , peggiore della morte”.
L’itinerario parte da Genova, costeggia tutta la penisola, supera lo stretto di Messina e volge a est, lungo la costa Ionica. A Otranto si stacca dall’Italia. Da qui giunge a Corfù, doppia il capo di Malea, si dirige verso le Cicladi, Rodi e, quindi, costeggia la Licia, la Cilicia e l’Isauria. Finalmente, dopo aver avvistato Tartùs, Tripoli, Beirut, Giaffa, Ascalon, ecco Gerusalemme, principale destinazione del viaggio, che però non finisce qui, ma si spinge anche in Egitto, fino ad Alessandria.
La disomogeneità con cui Petrarca descrive i singoli luoghi evidenzia i diversi generi delle fonti letterarie e geografiche a cui dovette ricorrere per redigere il testo, ma svela anche come alcune terre fossero a lui ben note, rispetto ad altre sconosciute. Molto preciso per l’Italia e soprattutto  per Napoli e i Campi Flegrei, tanto da riscuotere particolare fortuna proprio in ambiente campano, con la compilazione dell’Itinerarium su alcuni codici napoletani del XV secolo, diventa più vago nella descrizione della Grecia, con digressioni e rapidi accenni ai luoghi più importanti. Diventa nuovamente preciso in prossimità della Terra Santa, ma svolgendo un discorso più composito e ampio, più “letterario”, con l’evidente citazione dei passi evangelici, ma anche più carico d’emozione. I luoghi che videro svolgersi la vita e la passione di Cristo, infatti, sono descritti in modo più discorsivo, con un ritmo veloce, quasi accorato, ed è qui che assume pienamente forma di lettera affettuosa all’amico. Scrive che mentre le altre località necessitano della sua guida, perché potrebbero essere trascurate dall’ansia di giungere a destinazione, i luoghi della Terra Santa  è inutile descriverli, perché già ben presenti e conosciuti nel cuore di Giovanni e di tutti i credenti. Infatti, questi  sono indicati quasi sempre senza nome, attraverso gli episodi della vita di Cristo: “il fiume, il tempio, il monte, il sepolcro…”.   E, nonostante la difficoltà e le insidie di un viaggio condotto attraverso il deserto,  sollecita l’amico affinché si spinga fino in Egitto, sulle orme di Mosè e della fuga  di Giuseppe e Maria per sottrarre il Figlio a Erode. Proprio nel punto in cui la Sacra Famiglia si sarebbe fermata a riposare, racconta di una fonte la cui acqua è fresca e buona per i cristiani e più amara dell’assenzio per i “Saraceni”.
Petrarca elabora una guida archeologica, alternando alla suggestione del mito la franchezza del dato storico, senza mancare di nominare anche siti ormai scomparsi, come Luni, Pompei ed Ercolano, sempre attento a delineare brevemente ma con grande efficacia le peculiarità salienti, come i Bagni di Pozzuoli e la Solfatara, che lui stesso aveva visitato nel 1343. Di alcuni luoghi ne cita l’etimologia, come Genova da Giano, di altre se ne chiede l’origine, come di Scalea in Calabria. Chiarisce che il Mar Rosso prende nome non dal colore delle sue acque, ma dalle sue sponde rossastre, il “litore rubro” citato da Virgilio e da Dante.  Ricorda i luoghi d’origine dei grandi del passato, come Chio per Ippocrate, Lesbo per Teofrasto, Samo per Pitagora, Ascalon per Erode il Grande; il loro ultimo asilo, Cuma per Tarquinio il Superbo, Literno per Scipione e, infine, le tombe di Virgilio a Napoli e di Alessandro Magno ad Alessandria d’Egitto. E ancora, sono menzionati sia celebri luoghi di culto cristiani, come a Genova la chiesa di S. Lorenzo con le sue sacre reliquie, il monastero di S. Chiara a Napoli, la chiesa di S. Erasmo a Formia, il monastero di S. Caterina sul Sinai, sia quelli pagani, come il tempio di Giunone Lacinia a Crotone, o l’isola di Cipro consacrata a Venere.
L’elemento che più colpisce dell’Itinerarium è lo strettissimo legame con l’antichità classica, nel cuore del poeta mai trascolorata, ma anzi viva e presente. Petrarca cita esplicitamente molti autori latini come Livio, Virgilio, Orazio, Seneca, Lucano e Giuseppe Flavio, ma pure ad altri fa tacito riferimento, a dimostrazione che attraverso di essi il viaggio non è necessariamente azione fisica, esperienza diretta, ma anche indagine intellettuale, nutrimento spirituale. Questa antitesi tra viaggio fisico e viaggio mentale è proprio presente nella chiusura dell’Itinerarium, quando Petrarca paragona l’andare per terra e per mare dell’amico, con il suo solcare i fogli su onde d’inchiostro: due viaggi di diversa lunghezza, tre mesi per andare in Terra Santa, tre giorni per scrivere l’Itinerarium, ma ugualmente faticosi e certamente appassionanti.

Bibliografia:
- Petrarca nel tempo. Tradizione lettori e immagini delle opere, Catalogo della mostra (Arezzo, Sottochiesa di San Francesco, 22 novembre 2003 - 27 gennaio 2004), a cura di Michele Feo, Roma - Firenze, 2003;
- F. Petrarca, Petrarch`s guide to the holy land: itinerary tho the Sepulcher of our Lord Jesus Christ: Itinerarium ad sepulchrum Domini Nostri Yehsu Christi; with an introduction essay, translation, and notes by Theodore J. Cachey  Jr,  Notre Dame, Indiana 2002;
- Pétrarque, Itinéraire de Gênes à Jérusalem 1358, Traduction de Christophe Carraud et Rebecca Lenoir, Notes de Rebecca Lenoir, Grenoble, Millon, 2002;
- F. Petrarca, Itinerarium breve de Ianua usque ad Ierusalem et Terram Sanctam, Volgarizzamento meridionale anonimo, edizione critica a cura di Alfonso Paolella, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1993.


1 commento:

  1. Complimenti per la chiara e appassionata presentazione dell'opera di Petrarca!

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