martedì 29 novembre 2011

L'OROSCOPO DI FRANZ KAFKA

  


Un destino già calamitato dalle stelle?
Quella di dare alle fiamme i suoi lavori era una specie di mania... 



Franz Kafka nasce il 3 luglio 1883.
La sua carta del cielo è davvero  impressionante. Tutti i pianeti sono  disposti  uno di seguito all’altro, uno accanto all’altro in fila indiana,  eppure staccati, senza aspetti significativi. Questo quadro rende la decifrazione del suo animo difficile e sfuggente;  ma se l’isolamento di un pianeta reagisce come punto debole, come  un bisogno mai colmato, Kafka di vuoti e di fame doveva averne proprio tanti!
Il Sole nel segno del cancro, unito a Giove, in effetti, dilata questa oralità, questo bisogno di un “qualcosa”, ma è apparenza: l’accumulo di pianeti  nei gemelli dimostra un’altra indole, che resta  sommersa, ma dominante. Franz aveva in realtà un animo leggero e spiritoso, curioso. Allo stesso tempo la sua sensibilità era lucida e nevrotica, spregiudicata. Una certa freddezza disincantata,  che spiega il suo interesse per il paradosso meccanico, per l’ingranaggio da smontare, per la vendetta “di parole”,  sempre presenti nei suoi scritti, le cui trame gli valgono l’aggettivo senza confronto di “kafkiano”.

Nella sua vita ebbe  grande importanza l’amicizia, focalizzata dalla sua importantissima casa XI, che lo portò alla ricerca continua di  rapporti elettivi con alcune persone “scelte”. E gli amici ebbero importanza capitale nella sua vita. Come non ricordare Max Brod, conosciuto nel 1902, in concomitanza con il passaggio fortunato di pianeti lenti? Ma c’è di più. Il simbolismo astrologico è calzante e rivelatore: l’XI casa  indica le relazioni, le idee, ma anche la morte. Agli amici,  che lo assistevano e lo spingevano a pubblicare opere che altrimenti lui avrebbe gettato alle ortiche,  Kafka dovette la sua fortuna, soprattutto dopo morto, quando Max, disobbediente al desiderio di distruggere alcuni manoscritti, li pubblicò.
Quella di dare alle fiamme  i suoi lavori era una specie di mania, spiegata dall’unico aspetto del suo quadro astrale, Urano in quadratura a Venere e Mercurio, ma che chiarisce anche la serie di condanne ai suoi fidanzamenti, sempre interrotti.

I pianeti,  raccolti in un angolo del cerchio planetario,  negano equilibrio alle vicende che scortarono la sua vita. O bei periodi, o pessimi periodi, senza vie di mezzo. Questa caratteristica gli fu fatale: nel 1917, è bersagliato dai pianeti, senza scampo. Dopo aver ricucito il fidanzamento privo di promessa  con Felice Bauer, il 4 settembre gli viene diagnosticata la tubercolosi.
Dopo alcuni anni “ambigui” e la corrispondenza con Milena Jesenská, finalmente una fortunata combinazione astrale gli regala un nuovo amore, con Dora Dymant, e quell’indipendenza sempre sognata. Dura poco: l’anno seguente, il 3 giugno,  la morte, travestita da un Urano d’accetta,  sorprende la sua felicità e se lo porta via. 

 

L'OROSCOPO DI JOSEPH CONRAD



   Un destino già calamitato dalle stelle?
Qui, evidente, una vita segnata da...


Secondo la tradizione Conrad sarebbe nato il 3 dicembre del 1857. C'è chi giura che l'anno sia quello precedente. Anche questo accresce il mistero di una personalità alquanto inafferrabile…  ma la  mappa  astrologica segna rotte assai chiare: il 1856. 
 Il non sentirsi amati è un bel problema.  
"Spegne", alto nel cielo di Conrad,  un Saturno cattivo, spegne alto sui ramoscelli teneri dei sui sentimenti… Quando incontra Jessie - con un bel Nettuno in buon aspetto a Venere - non la molla più; è un fedele, ma per pigrizia e per paura. Sotto sotto un romanticone. La sua vita sarà sempre solitaria. In apparenza paziente, sommesso, sempre come a chiedere scusa di esserci, ma dentro un ribollire, fretta di andare di vedere, di scappare. E quando smetterà con i viaggi di mare, si trasferirà  nell'immaginario addomesticato del virtuale, solcando su  onde d'inchiostro i mari sconfinati del pensiero. Sempre da estraneo, sempre straniero dappertutto,   con le zavorre di una lingua non sua, ma forse proprio per questo prediletta. Conrad è la sfinge di se stesso: un autentico  depresso ansioso. 
Nel 1878 una crudele dissonanza di Urano sul suo sole natale, di Mercurio che quadra Plutone e di chi più ne ha più ne metta, lo spinge a tentare il suicidio, forse per essere restato implicato in una storia di traffici clandestini, ma lo salva Giove: ed ecco è pronto a ripartire per mari vicini e lontani. 
Un po' sfigato lo è: quando finalmente sta per ritornare in Polonia, scoppia la guerra, e scoppiano per lui i pianeti del movimento contro quelli del ritorno alle radici. 
E' sul punto di prendere il Nobel, ma l'anno dopo l'uccide un attacco di cuore.  
Saturno è il suo destino: la coperta di ghiaccio sulla sua irrequitudine.  

http://www.compagnosegreto.it/NUMERO1/scrittomatto4.htm

L'OROSCOPO DI STENDHAL


 




   Un destino già calamitato dalle stelle?
Quante maschere sulla "ferita dei non amati"!


Henri Beyle nasce  a Grenoble il 23 gennaio 1783.
Aquario con Luna in Vergine. Com'è possibile che uno dei  maggiori cantori d'amore abbia quasi tutti i pianeti importanti (e non solo) nei segni più freddini dello zodiaco? 
Colpa della Luna in Vergine in XI casa,  isolata, campata  nel cielo astrale priva di legami con altri pianeti, come un urlo, che lo rende affamato d'amore e ne accentua il complesso di essere timido, sgraziato  e bruttino.  Stendhal è consapevole di non essere bello e questo lo frena: si accorge di essere innamorato quando riesce a dimenticarsene, così che trova il coraggio di farsi avanti. I personaggi dei suoi romanzi sono tutti belli e fieri; per sé vorrebbe, più modestamente,  "Bei capelli,  denti ottimi. Odore soave e lieve… Il corpus, e quel che ne esce, inodoro". E in quest'ultima affermazione si intravede anche il carattere schizzinoso e igienista della Vergine…
La sua infanzia, vissuta in un ambiente ottuso e arido, lo marchia con la proverbiale "ferita dei non amati", che lui cercherà di guarire praticando con dovizia il libertinaggio. Ma non basta: l'amore è per lui il chiodo fisso, rimarcato per giunta dalla congiunzione di Venere con Plutone. Da una parte materia da disossare, da sottoporre a implacabile autopsia, dall'altra ossessione compulsiva, tensione portata all'esasperazione. E meno è vissuto,  più è patito. Amerà molte donne, ma non avrà le più amate: Matilde e sua madre.
Stendhal soddisfa quindi il suo desiderio nella scrittura: seppellisce amanti e conoscenti di lettere lunghissime. E' un eiaculatore instancabile d'inchiostro: scriveva dappertutto, perfino sulla carta, diceva il suo biografo Crouzet, e i suoi stessi fregi a margine dei libri sono materia densa e viva,  la sua libidine sguinzagliata, libera e gioiosa. Nelle equivalenze astrali difficile non notare l'accumulo di pianeti in III casa, quella della scrittura, tanto più che oltre al piacere di Venere e all'inventiva di Mercurio, si uniscono la potenza fallica di Plutone,  insieme al Sole, primo impulso vitale. E la concentrazione egotica dei pianeti in Aquario si diluisce in un'autocritica costante, ma anche nell'indulgenza ironica, autocaritatevole, affettuosa. Piena di leggerezza disincantata, mai concentrica e pesante, che di ogni suo personale melodramma fa sorriso amaro, e muove i suoi lettori a un'intimissima solidarietà con lui. Anche la tendenza alla mimesi di Plutone si esprime in un divertito gioco di anagrammi, pseudonimi, sigle… 
Talvolta vorrebbe apparire  un razionale perfino cinico, ma il suo genio non si imbriglia in niente che abbia sentore di sistematico. E come potrebbe, così bersagliato dagli strali illusori di Nettuno che lo disarcionano di continuo dalla realtà? Lui si figura degli ideali e vorrebbe averli, ma deve fare i conti con i fatti, che più spesso gli negano i sogni. E' un iperattivo, disordinato, anticonvenzionale, eclettico: un autentico Aquario.
La mania per le date di Stendhal sarebbe una manna per l'astrologo, che potrebbe così effettivamente  verificare le tappe della sua vita con la concomitanza dei transiti planetari. Ma per seguirla passo passo occorrerebbe tanto spazio quanto occupa la serie Le Divan delle sue Oeuvres complétes (78 volumi!) e per noi,  un divano vero dove stramazzare. La Luna (sì sempre lei, la malefica), è il sensore di ogni momento della sua vita, un frenetico seguirsi di  alti e bassi, esaltazione e disperazione, a cominciare, per esempio,  dal primo giorno horribilis della sua vita, il 23 novembre 1790: il malefico  Saturno - la sottrazione, la prova, il dolore - si oppone alla Luna, scrigno di ogni sensibilità e femminino. A soli sette anni gli muore la madre. 

http://www.compagnosegreto.it/numero2/scrittomatto4.htm
 

WINCKELMANN - STENDAL - STENDHAL








“Senza tendini né vene e la macchia di vaiolo”

Johann Joachim Winckelmann,  nato a Stendal nel 1755,  è il fondatore della moderna archeologia, che non diventa più un interesse di natura antiquaria, ma un vero e proprio  programma d’indagine. E’  il primo che rintraccia una  linea coerente,  finalizzata a  scoprire “l’essenza dell’arte” attraverso le opere classiche, quali esempi di perfezione assoluta e ideale estetico. Inoltre, è il primo ad analizzare le opere d’arte antica seguendo  un criterio stilistico e formale.   La fortuna delle sue teorie contribuisce a determinare una vera corrente di gusto, il neoclassicismo, anche perché con lui la storia dell’arte  diventa anche il fine dell’acquisizione estetica. 
Un legame indecifrabile sembra legare Henri Beyle a Winckelmann. Un indizio  è nel nome della città natale dell’uno,  scelto come pseudonimo dall’altro,  complicato dall’aggiunta di quell’H, iniziale di  Henri, quasi un espediente per  far scivolare l’accento dalla “e” della prima sillaba della pronuncia tedesca,  sulla “a” di quella francese. Un’ altra ipotesi giocosa la mia, in amicizia alla giocosità che  fu di  lui (vedi l’acca di stendHal).
In questo periodo, le grandi scoperte di Pompei ed Ercolano, il vento esotico delle campagne napoleoniche in Egitto, che valsero la scoperta dell’importantissima  Stele di Rosetta, l’interesse per l’arte e l’archeologia coinvolsero gli uomini di cultura, come, ad esempio Goethe e Mérimée. Questo interesse  non poteva  prescindere dall’eredità winckelmanniana. 
Stendhal non fa eccezione ed è difficile  non immaginare un suo legame con il tedesco, voluto anche dal caso.  Nel suo trattato sulla pittura si  preoccupa di seguire un criterio coerente, la suddivisione per scuole.  Winckelmann è citato spesso nelle sue osservazioni sull’arte, talvolta negando di averlo letto, tal altra riportando lettere e documenti,  in perfetto accordo, sempre  in disaccordo con se stesso.
Compie un primo  viaggio attraverso l’Italia, toccando le stesse tappe già percorse da  Winckelmann e fu a Trieste, proprio nella città in cui Winckelmann venne ucciso da Francesco Arcangeli in circostanze oscure, che sollevarono diverse  malizie sulla sua omosessualità, comprese quelle di  Goethe e dello stesso Stendhal. 
Winckelmman morì in questa città,   tra  dolori atroci,   nello squallore di una camera d’albergo,  per mano di un popolano butterato, proprio lui,  che aveva  mitizzato la bellezza di Apollo, senza “tendini né vene”,  sublime, incontaminata da  sangue e  umori.
Questo ricordo di certo dovette impressionare Stendhal, quando  vide la piazza protesa verso il mare: lo stesso ultimo quadro che vide anche l’assassino,  condannato  al supplizio della ruota e lasciato  lì fino alla decomposizione.  Proprio in quest’altalena di  contrasti forse si potrebbe trovare il legame con Winckelmann, che non è nella somiglianza, ma proprio  nella differenza.
 Il “piccolo segno di vaiolo” sul volto dell’amata  è anch’essa una necrosi,  un particolare che stride  con l’ideale estetico winckelmanniano. Stendhal si fa teorico "rivoluzionario ed eretico" della bellezza, stravolgendone i canoni, che scopre lungo opposti percorsi. Per lui “gli uomini incapaci di amore-passione sono quelli maggiormente sensibili alla bellezza”.
E le diverse obiezioni alle teorie di Winckelmann si  possono cogliere spesso in Stendhal, ad esempio  nella prefazione all’edizione di Londra del  suo “Roma, Firenze, Napoli”: “Non è l’arte che bisogna cercare in questo libro: è uno schizzo che la natura ha dettato”.  Un’idea romantica, del tutto opposta all’arte come qualcosa di ideale,  che va “oltre la natura” e sublima la realtà. E nell’ordine del finito, Winckelmann era attratto soprattutto dalla linea, dalla  scultura, mentre Stendhal era estasiato dal colore, dalle sfumature, dall’impercettibile illimitato,  che si lasciano comprendere appieno in quest’altra sua frase: “la musica è la pittura delle passioni”.

http://www.compagnosegreto.it/numero2/costellazioni6.htm