L’8 luglio 2016, presso
la nuova sede dell’Auditorium nel Parco
della Musica è stato proclamato il vincitore del XVII Premio Strega. Il presidente di seggio Nicola Lagioia,
vincitore del Premio Strega 2015 (La
ferocia, Einaudi), e Tullio De Mauro, presidente della Fondazione
Bellonci, hanno decretato vincitore con 143 voti Edoardo Albinati, La scuola cattolica (Rizzoli). I voti
espressi sono stati 395 (pari all’85,86% degli aventi diritto al
voto; 319 voti online e 76 cartacei).
La corsa non si è
svolta sul filo del rasoio: fin da subito si è capito chi fosse il vincitore. La scuola cattolica è il testamento di una generazione: quei ragazzi di
una Roma borghese degli anni ’70 che non
avrebbero più potuto cambiare il mondo. Disincantati, atroci. Un racconto
denso, che attraversa ben 1.294 pagine. Che parte dall’esigenza dell’autore di
raccontare il delitto del Circeo e i protagonisti, suoi coetanei e compagni di
scuola, per proseguire con la narrazione assumendo la forma di un vortice oscuro,
che si allarga per scivolare in se stesso. Un romanzo scritto in dieci anni, con una prosa
brillante, alle volte discontinua, poderosa e chirurgica che ha sedotto la
giuria. L’autore ha dedicato la vittoria a Valentino
Zeichen poeta e suo amico scomparso pochi giorni fa.
Albinati ha eletto come
suo “Super Strega” Ferito a morte di Raffaele
La Capria (vincitore nel 1961).
Secondo classificato
con 92 voti, Eraldo Affinati, L’uomo del futuro (Mondadori), un volume dedicato a don
Lorenzo Milani, il “prete degli ultimi”
raccontato a 50 anni dalla scomparsa nell’ultimo periodo della sua vita. Don
Milani è una figura che risulta ancora “inafferrabile” scrive l’autore. “Don Milani non ci
lascia un’opera, una filosofia, un sistema, un progetto, ma energia allo stato
puro. L’inquietudine che c’è prima dell’azione. Come se non fosse possibile
tenerlo fermo per esaminarlo, sfugge a qualsiasi definizione”. L’autore
ricorda come i ragazzi di Barbiana equivalgano agli immigrati di oggi.
L’esempio di don Lorenzo oggi è attuale più che mai.
Super Strega di Affinati è Cinque
storie ferraresi di Giorgio Bassani, Premio
Strega 1962.
Terzo classificato con 89 voti Vittorio Sermonti,
Se avessero (Garzanti), che partecipa
al premio Strega per la seconda volta. Scrittore, poeta e saggista ma anche
traduttore meraviglioso di classici come l’Eneide e le Metamorfosi, presenta un
volume che attraversa settant’anni di storia italiana per raccontare se stesso.
La narrazione parte dal mancato arresto del fratello nel ’45. In quel breve
frangente succede qualcosa nel profondo del protagonista adolescente. La sua
mente elabora una sequenza di fantasticherie, di luoghi e non luoghi, portandolo
a immaginarsi in una vita completamente diversa. I momenti più importanti della
vita spesso sono lampi che rimangono acquattati nel buio della mente e si
riaffacciano ogni tanto come “intermittenti soprusi
della memoria”. Il libro è una canzone d’amore intessuta di
vita, scelte e passioni. L’Italia sembra un “interminabile dopoguerra” e ognuno
è concentrato su se stesso e “non contiamo niente, perché ognuno
conta purtroppo tutto”.
Superstrega di Sermonti è Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi
di Lampedusa, 1959.
Quarto
classificato con 46 voti Giordano Meacci, Il cinghiale che uccise Liberty Valance
(Minimum Fax). Il titolo si rifà al film
western del 1962 diretto da John Ford, “L'uomo che uccise Liberty Valance”. È
un racconto fantastico di linguaggi decifrati e sperimentati, dove la lingua è al
centro e non diventa suono o mezzo ma qualcosa di più vivido e palpabile, è il
motivo stesso del libro. È un baratro vertiginoso che conoscere non lascia
scampo: in un paesaggio immaginario vivono alcune persone e una comunità di cinghiali. Tra
questi uno acquisisce magicamente la capacità di elaborare pensieri e la
consapevolezza della morte. Diventa cioè capace di leggere nel cuore degli
uomini che è poi quella capacità ancestrale del Minotauro condannato alla
solitudine perché diverso: non abbastanza umano per non essere temuto e troppo
consapevole per poter essere ancora un animale.
Super Strega, Sandro
Veronesi Caos calmo (2006).
Infine quinta
classificata con 25 voti Elena Stancanelli con La femmina nuda (La
nave di Teseo). La storia di
un’ossessione amorosa di una donna, Anna, che ha organizzato la sua vita per costruirsi
una inutile barriera difensiva. La fine del suo rapporto con il suo compagno la
trasformerà in una stalker. Chiunque può precipitare nell’ossessione quando
fallisce il proprio progetto di vita, specie sentimentale. A fare da quinta
teatrale l’invadenza dei social network che penetrano nella vita quotidiana
disturbando, distruggendo, avvelenando.
Super
Premio di Elena Stancanelli è La chiave a
stella, di Primo Levi (Premio Strega 1979).
Ogni
edizione dello Strega rinnova una magia. La magia dei ricordi e di quella
bellezza che sempre ammanta il passato. Paola Pitagora ad
apertura di serata ha letto alcune imprescindibili pagine di Maria Bellonci da Come
un racconto gli anni del Premio Strega. Quelle “nove tazzine e le due teiere” che subito ci immergono in un clima di
dolcezza, di nostalgia e che a distanza di settanta anni non sono più soltanto poetica
ma epica e questa grandezza è ribadita dalle parole di Tullio de Mauro.
L’emozione cresce e si trasforma in un
sentimento profondo di affetto e di gratitudine quando si evoca il nome di
Umberto Eco, Premio Strega 1981 con “Il nome della rosa”.
A dire il vero, però,
quest’anno qualcosa è cambiato di quell’incanto sospeso offerto dalla notte
estiva e dalle quinte teatrali del ninfeo di Villa Giulia, il luogo storico del
Premio. Certo la sala Sinopoli è molto più ampia e può ospitare fino a 1200
persone, ma era palpabile nel pubblico una sorta di smarrimento al quale Francesco Piccolo, vincitore del Premio
Strega 21014 con Il desiderio di essere
come tutti (Einaudi) ha dato voce: “Riportate lo Strega al Ninfeo di Villa
Giulia. Lo Strega è il Ninfeo di
Villa Giulia. Stasera è un’edizione speciale, la Sala Sinopoli è bella, ma basta!”.