venerdì 2 dicembre 2011

Kafka: "Poseidone"

Il complesso del figlio cadetto

Kafka ha infilato il dito nella piaga. Ha lacerato quel velo di ritegno che da sempre attutisce i pettegolezzi che girano intorno al terribile dio degli abissi marini. Poseidone ricorre a ogni  espediente per somigliare al fratello maggiore. Lo imita in tutto: si sposa o amoreggia con un numero illimitato di ragazze, si trasforma nelle forme più bizzarre. Niente da fare: non è lui il dio più importante; è condannato a stare un gradino più in basso di Zeus, padre di tutti gli dei e degli uomini.
E si tradisce, disvela una sorta di malcontento, una specie di nostalgia… Non è vero, forse, che ogni onda finisce sempre per tornare a terra? 
Quando assume forma d’animale si fa ariete, cavallo, toro. E quando, dopo aver sposato Anfitrite, diventa re del mare, s’inabissa seguito da un corteo di creature che gli ricordano, con la loro forma ibrida e dimezzata, la terra, il regno che non potrà mai avere: ippocampi, centauri marini, tritoni…
La tradizione lo raffigura con una nera criniera e il tridente, selvaggio e terrifico.  Kafka nomina il suo bronzeo torace, ma lo immagina un po’ bolso. Non lo dice per discrezione, ma si vede che lo pensa. 
Poseidone amministra le acque. Un lavoro sedentario e noioso, che lo impegna totalmente, perché le pratiche da sbrigare sono sempre tante, tra correnti marine, tempeste e mari che non si fermano mai.Unica distrazione sono brevi  viaggi da  pendolare nell’Olimpo, a render onori al fratello. Torna sempre contrariato e si rimette a testa bassa sulle “bagnate carte”. 
Come tutti gli insoddisfatti, rimette nel futuro un po’ di pace. Aspetta la fine del mondo. Allora sì avrà requie e potrà permettersi un “viaggetto circolare”.

http://www.compagnosegreto.it/numero3/libro9l.htm

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