venerdì 2 dicembre 2011

J. Conrad. Il compagno segreto e Ulisse

Ulisse: tra ordine e solitudine


Ulisse non ha certo bisogno di presentazioni. L’uomo per eccellenza o, piuttosto, l’ideale proiezione dell’umano moderno. E così Ulisse è l’eroe buono per tutte le stagioni, l’uomo “prêt-à-porter”, la creta plasmabile  su ogni ideale letterario e perfino sulle sue convenzioni. 
Come sottrarsi, dunque, alla tentazione di ripercorrere questi soliti binari, alla ricerca del punto di scambio tra le rotaie? 
Ulisse o l’inganno. Ulisse o la vera solitudine: quella sazia di se stessa. 
I compagni di mare aleggiano sullo sfondo senza nome. Scompaiono, muoiono, lasciati ai margini della scialuppa, con i tappi nelle orecchie restano innocenti del canto delle Sirene, privi di conoscenza e quindi di tensione. Prendono corpo soltanto per la loro condizione di vittime del bisogno: la fame, che li fa piangere e li rende prigionieri. Oppure lottano con i fantasmi marini impigliati tra vele e gomene, ignari che nel ventre del nuovo cavallo di Troia  - la nave, la zattera - si agiti l’anima  clandestina di Ulisse. Trascinati sull’orlo delle porte dell’Erebo, come di Scilla dove, dice Circe, “voi dovete drizzare la concava nave, splendido Odisseo”. 
Il capitano del “Compagno segreto” chiama “Erebo” la nera collina di Kohring, l’isola contro cui, pur di salvare il suo ospite clandestino, punta la prua della nave. E’ un ordine che dà contro il silenzio atterrito dei suoi marinai: “Era piombato un tale silenzio sulla nave, che avrebbe potuto essere una barca di morti  che procedesse lentamente sotto la porta stessa dell’Erebo.” 
E vince. 
Lasciato il clandestino alla sua sorte, il capitano ritrova la sua nave: “Nessuno al mondo si sarebbe frapposto fra di noi gettando un'ombra sulla strada della nostra silenziosa conoscenza e della nostra muta affezione, la perfetta comunione di un marinaio con la nave…” 
Come Ulisse il Capitano affronta la sfida da solo, estraneo ribelle a un tentativo di ordine che pure il mare rifiuta, sovverte, agita, ma non tradisce.

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