L'ACCIDENTATO VIAGGIO DI BERTO E GLI ALTRI
Dieci percorsi sulla disabilità
a cura di Maria Milvia Morciano
Città Aperta Edizioni, collana Junior
----
Dieci grandi opere d'arte del passato interpretate da dieci scrittori:
F. Albertazzi, S. Boero, T. Buongiorno, R. Denti, E. Detti, A. Gerbino, A. Nanetti, E. Nava, R. Piumini, C. Savini;
e da cinque illustratori contemporanei: A. Abbatiello, A. Cimatoribus, E. Luzzati, S. Fatus, L. Scuderi.
Illustrazione di copertina: R. Innocenti
INTRODUZIONE
Che cosa hanno in comune l'arte e la disabilità? Niente, si dirà. Anzi, mentre l'arte si identifica con la bellezza, la disabilità spesso è caratterizzata da malformazioni fisiche per nulla belle a vedersi.
Pieter Bruegel, un pittore fiammingo vissuto nel XVI secolo, sosteneva che l'artista veramente bravo deve saper dipingere il brutto come se fosse bello. I suo quadri, infatti, sono affollati di storpi, deformi, ciechi e folli. Come Bruegel, artisti di tutto il mondo, e in ogni tempo, hanno rappresentato nelle loro opere persone disabili, consentendoci, oggi, di saperne di più sul modo in cui esse venivano trattate nelle epoche passate.
In verità, i disabili non hanno mai ricevuto un buon trattamento. Su di loro se ne sono sempre "raccontate" tante, fino al punto di accusarli di stregoneria oppure di essere posseduti dal demonio. Tutta colpa dell'ignoranza, dei pregiudizi e della paura di ciò che è diverso.
Il "Gobbo di Notre Dame" è un bel cartone animato prodotto dalla Disney che si ispira al celebre romanzo dello scrittore francese Victor Hugo. Racconta la storia di Quasimodo, il campanaro della cattedrale di Parigi che, a causa delle sue malformazioni, vive nascosto e in solitudine, osservando la vita degli altri dai tetti di Notre Dame.
Quasimodo ha capelli ispidi e rossi, due gobbe, un occhio cieco e l'altro nascosto da un'enorme verruca, mani e piedi deformi, pochi denti ed è sordo a forza di suonare le campane che gli rimbombano nella testa. È così deforme e brutto da mettere paura.
Siamo nel Medioevo. Il 6 gennaio è festa, uomini, donne e bambini si riversano per le strade e danzano, ballano e banchettano, aspettando il momento più importante della festa: l'elezione del "re dei folli". La corona andrà a chi fa le smorfie più impressionanti. Quasimodo non resiste alla tentazione, così abbandona la solitudine della torre campanaria per scendere in piazza e mescolarsi tra la gente. Partecipa al gioco e vince: il suo ghigno è davvero terrificante! La folla lo acclama per la sua "bellissima faccia spaventosa", ma quando si accorge che il nuovo "re dei folli" non fa boccacce ma si mostra semplicemente così com'è, la gente si spaventa e comincia a urlare: "Cattivo! Cattivo!".
Quasimodo non è per nulla cattivo, come mai lo accusano in questo modo? Nell'antichità si pensava che il bello fosse sempre buono e il brutto, invece, cattivo. I disabili come Quasimodo venivano derisi, disprezzati e discriminati; non era loro consentito svolgere alcuni lavori o accedere alle cariche pubbliche.
I bambini nati con malformazioni spesso venivano abbandonati e qualche volta addirittura uccisi. Anche quasimodo era stato abbandonato per la strada e se non l'avesse raccolto l'abate Frollo chissà che fine avrebbe fatto. Le donne che passavano lo guardavano spaventate e disgustate, si facevano il segno della croce temendo il malocchio.
Molte superstizioni erano legate alle minoranze fisiche e mentali. I pregiudizi esistevano anche perché le cause di numerose malattie erano sconosciute e per giustificarle si davano spiegazioni fantasiose, legate al mondo dell'occulto e del mistero. La follia, per esempio, era legata all'influenza della luna o dei pianeti, oppure a pietre che nascevano dentro la testa all'improvviso o alla possessione del maligno. Gli zoppi erano maledetti perché si diceva fossero simili a Lucifero, che si ruppe una gamba precipitando dal Paradiso. Essere ciechi, sordi, storpi era considerata una punizione di Dio.
Oggi, per fortuna, conosciamo le cause di molte malattie e sappiamo che minorazioni fisiche e mentali non hanno niente a che vedere con le maledizioni e i diavoli. La ricerca scientifica ha fatto grandi progressi ed è, talvolta, in grado di prevenire e curare alcune di queste malattie, anche se i passi da fare sono ancora tanti. All'epoca di Quasimodo, invece, anche le cure si basavano su pratiche fantasiose, con il solo risultato di peggiorare la condizione del malato: i medici, per esempio, cercavano di "purificare" il corpo malato di un paziente con purghe, clisteri, vomitativi e perfino salassi, questi ultimi consistono nell'applicazione di sanguisughe sulla pelle, animaletti che succhiano il sangue. Altre volte si ricorreva addirittura all'esorcismo.
Alla fine del Medioevo molti malati psichici furono arsi sul rogo, accusati di stregoneria. Folli, storpi, muti e ciechi divennero i capri espiatori di tutto ciò che di brutto accadeva, in quanto deboli, indifesi e soprattutto ritenuti inutili per la società. In realtà. al contrario, tanti erano eccezionali pittori, musicisti, artigiani e perfino acrobati. Ma proprio per questo, gli altri, i "normali", sospettavano di loro: potevano essere così capaci nonostante gli impedimenti fisici?
Il pregiudizio era legato all'ignoranza, barriere dure da abbattere con le quali dobbiamo fare i conti ancora oggi. Coloro che non somigliavano alla maggioranza delle persone erano "diversi" e quindi pericolosi. Si aveva paura, insomma, proprio di chi era più debole e indifeso! Tutto ciò è possibile "leggerlo" nei quadri. Il pittore, infatti, osserva la realtà, la riproduce e la trasforma in arte. Nei quadri i disabili erano scelti per rappresentare la corruzione, il male e il vizio. Nel Medioevo il malato era comunemente raffigurato nell'atto del ricevere l'elemosina o mentre ottiene la guarigione attraverso un miracolo. La Chiesa, che si occupava di assistere poveri e malati, con quelle immagini voleva dare l'esempio che ogni buon cristiano doveva seguire.
Nonostante questo impegno e la fondazione di ospedali e confraternite di solidarietà, le cose per i disabili non migliorarono nel corso dei secoli successivi. Anzi, le tante guerre che insanguinavano il mondo di allora, incrementavano il numero dei disabili per le mutilazioni che gli uomini subivano in battaglia, ma anche per le epidemie, la povertà e la denutrizione che seguivano ogni conflitto.
Le malattie infettive, come la lebbra e la peste, che esplosero nel 1300 in Europa, portarono ancora di più i disabili all'emarginazione. I lebbrosi, per esempio, dovevano attenersi a regole rigidissime: giravano suonando campanelli per fare udire da lontano il loro arrivo; non potevano toccare nulla con le mani ma solo con un bastone; dovevano parlare ai sani stando controvento per non infettarli ed era loro vietato camminare in strade strette dove rischiavano di toccare altri passanti. Con il tempo, la massa dei poveri e degli emarginati diventò sterminata. Le città erano piene di mendicanti e furono compiute repressioni violente nei loro confronti. Ma si diffusero anche opere pie, ospizi e ospedali che si curavano di loro.
A partire dal 1500, nelle opere d'arte compaiono ancora più frequentemente poveri, denutriti, malati e storpi. L'artista li dipingeva per rappresentare il dolore e la sofferenza, ma anche perché quella era la realtà e non si poteva far finta di non vederla. I più raffigurati erano i nani, che spesso avevano un destino meno amaro perché venivano accolti nelle corti dei nobili come buffoni per divertire i signori. Il loro aspetto simile a bambini non cresciuti divertiva, non faceva paura. Venivano mostrati come una curiosa rarità della natura, come accadeva nei circhi fino a non molto tempo fa. Anche quando erano accettati, comunque, nessuno concedeva ai disabili piena dignità e rispetto. Rimanevano sempre "diversi".
Sono passati i secoli ma i pregiudizi resistono: si fa ancora fatica ad accettare la presenza di un disabile a scuola, nel luogo di lavoro o in televisione. Soltanto tra il 1971 e il 1975 l'assemblea delle Nazioni Unite ha riconosciuto universalmente i diritti dei disabili.
Per aiutare la gente a superare questi pregiudizi, per abbattere quelle che vengono chiamate "barriere culturali", la Comunità Europea ha dichiarato il 2003 Anno europeo delle persone disabili e ha organizzato in tutto il Continente una serie di conferenze, manifestazioni e attività varie.
Con questo libro vogliamo contribuire all'abbattimento di qualche barriera culturale, stimolando i lettori a guardare oltre l'aspetto fisico, come si fa guardando un quadro, perché in ogni uomo c'è un'opera d'arte da scoprire. Abbiamo scelto dieci capolavori realizzati tra il XIV e il XVII secolo in cui sono raffigurati i disabili. Ogni immagine è accompagnata da una didascalia, un racconto e un'illustrazione. La didascalia aiuta a comprendere quello che ha voluto esprimere il pittore, i racconti e le illustrazioni, invece, entrano nell'opera d'arte e la reinterpretano, facendola rivivere con la fantasia.
Nessun commento:
Posta un commento